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La pioggia di Roma

    Per te avrei superato
    tempeste, frastuoni, uragani,
    avrei camminato indietro nel tempo senza
    inciampare,
    avrei cambiato il deserto in mare.
    Tutto avrei potuto fare
    tranne venirti a trovare
    sotto la pioggia di Roma.

    E così sono rimasto a casa
    chiuso nella mia calce,
    viva ma inerte.

    La pioggia di Roma
    non contempla la vita,
    tutto è presente umido
    e difficile.

    I laghi della memoria
    straripano per le strade
    e tutto è fluido
    e dimenticabile.

    Basta una piovuta a Roma per fermare
    i cavalieri, l’arme, le donne, gli amori,
    due gocce dal cielo
    e non c’è ombrello che
    ci protegga.

    È tutto così vulnerabile e provvisorio;
    anche la voglia di vederti
    è consolata dal tepore della trapunta,
    dalla quiete della finestra chiusa.

    Ma tu non la temi,
    piccola imprudente,
    t’esponi al bagnato
    e al mondo esterno,
    alle altre voci
    che la mia vorrebbe parlare.

    Per questo il mio corpo
    si fa elastico
    e cerca vie di scampo
    alla quiete domestica
    non voluta.

    È un attimo:
    indosso le scarpe per raggiungerti,
    chiudo la porta, scendo le scale
    già smanioso di vederti,
    apro il portone.

    La pioggia scende fitta,
    è un precipizio d’acqua.
    Il fragio delle nubi
    mi ghiaccia le vene,
    non posso muovermi
    non posso raggiungerti
    o tutto finirà.

    O tutto finirà.

    Ivan Talarico

    Pubblicata in Non spiegatemi le poesie che devono restare piegate, Gorilla Sapiens Edizioni 2016