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Paneacquaculture | Kilowatt Festival: cosa vedi racconta chi sei

    di Matteo Brighenti

    Rilegge e ribalta la storia, alla luce dell’assenza, anche La cantautrice fantasma. Stavolta la musica c’è. Ivan Talarico, una vera scoperta per me, canta e suona nell’Auditorium di Santa Chiara tra le più belle e famose canzoni di sempre, ripercorrendo la colonna sonora del nostro immaginario pop, se non delle nostre vite. Chi manca è la loro vera autrice. Ovvero, Agata Facci Lei rappresenta tutto ciò che sarebbe potuto essere e non è stato o meglio, che è stato e non abbiamo mai conosciuto, perché rimpiazzato da quello che il sistema ha ritenuto più funzionale alla propria sopravvivenza.
    La natura fantasmatica di Facci si manifesta fin all’inizio, durante l’attesa dell’ingresso in scena di Talarico. Un vuoto di quasi 5 minuti che ci porta volutamente al limite della sopportazione, espresso con un crescendo di colpi di tosse, risatine, ventagli sventolati e occhi al cielo. Quando entra, ci basta quello, la spiegazione pare un di più, una battuta a cui fare caso o no.
    Invece, è l’avvio di un’investigazione sui grandi nomi della musica leggera italiana e internazionale per risalire all’ignota Facci, un’artista evanescente in un mondo per soli uomini competitivi. Ivan Talarico esegue i brani originali di lei e poi li confronta con le versioni famose. Com’è possibile che sia sparita? La vicenda ricostruita nasconde, in fin dei conti, la natura di un intelligente “giallo” sulla creatività e la fama, sul plagio e sul diritto d’autore, e sul non bruciare un’intera carriera sull’altare di un singolo errore.
    L’ironia che attraversa surreale e dolceamara La cantautrice fantasma, ci parla di qualcosa che riconosciamo ma non conoscevamo. È legata, in particolare, al prendere e mettere in fila i dati di fatto e non, la cronaca e la leggenda, esaltandone, in ogni caso, il lato più sconvolgente. È un’avventura dell’incredibile, dove il talento niente crea, niente distrugge, ma tutto trasforma in successo. Certo, se si ha fede di trovarlo, riconoscerlo e coltivarlo. E non da ora: da quando Dio ha creato il mondo.

    Sansepolcro, Arezzo | 13 luglio 2024

    Parte di un articolo pubblicato su Paneacquaculture il 22/7/2024

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